giovedì 21 agosto 2008

depresija zvana "gotovo leto" - Daria Bignardi

FINGO CHE NON CI SIA, MA FERRAGOSTO MI FA TRISTEZZA

Ero bambina, avevo ancora un mese di vacanza davanti. Quei primi acquazzoni però non li dimentico. Sono figlia di una maestra, quindi da piccola ho sempre fatto vacanze lunghe. Dopo un mese in campagna dai nonni e uno al mare al Lido degli Estensi, quando arrivava Ferragosto mia madre sospirava: «È finita l’estate», e si rattristava per le giornate che iniziavano ad accorciarsi. La scuola, o meraviglia, allora cominciava solo il primo ottobre (ministra Gelmini, dopo il sette in condotta e il grembiule ripristina anche quello: noi che già ti amiamoti adoreremo) e avevamo ancora un mese di vacanza, ma l’estate vera, per mia madre, era solo quel periodo torrido che in Pianura padana andava da giugno a fine luglio, quando si inizia a respirare dopo le sette di sera.In agosto qualche acquazzone finiva per spezzare l’illusione che quelle estati interminabili non sarebbero finite mai: da allora Ferragosto mi è rimasto antipatico, e mi mette tristezza. Persino quando da ragazza ho cominciato a lavorare, e i primi tempi che ero dipendente avevo solo due settimane di vacanza in agosto, non lo amavo, perché è sempre rimasto sinonimo di fine ingloriosa. Gli ansiosi si preoccupano sempre in tempo, per portarsi avanti e non farsi sorprendere dalla malinconia. Non ricordo di essermi mai divertita a Ferragosto, dopo i 15 anni. A 13, ho un vago ricordo di entusiasmanti gavettoni al Bagno Moderno, ma da allora non ho mai saputo evitare la tristezza del picnic o della gita di Ferragosto. E anche se lo ignoro, e fingo che non ci sia, mi mette malinconia lo stesso.Il mio ex suocero, artista bizzarro, passava l’estate sul Lago di Garda a comporre musica chiuso nel suo studio, con le finestre sbarrate e la luce accesa, ma il 14 agosto tornava sempre a Milano a godersi per un paio di giorni la città abbandonata. Forse lui aveva trovato un modo per divertirsi. In effetti, in sintonia con gli articoli tromboni dei quotidiani che ogni anno ripropongono il fascino della città deserta, l’unico Ferragosto che ho passato a Milano lo ricordo interessante, se non che bisognava pranzare all’Autogrill perché tutti gli altri posti erano chiusi. Altri tempi. Ora c’è la crisi, le vacanze costano troppo, i comuni sono meglio organizzati e nemmeno a Ferragosto c’è quasi più il mistero della metropoli abbandonata: molti rimangono in città per forza, altro che snobismo. Un ristoratore di montagna mi ha detto che quest’anno ha avuto il quaranta per cento in meno di clienti. Quasi la metà di turisti in giro, e quei pochi non spendono come prima.Alla fine degli anni Sessanta al Bagno Moderno c’erano decine di file di ombrelloni, e le famiglie ferraresi che tornavano ogni anno ne prenotavano uno in prima fila. Noi l’avevamo in terza, ché la prima fila era da ricchi, ma a certi operai lombardi in ventesima fila andava peggio che a noi. Però stavano un mese, e la sera andavano a mangiare il pesce a Porto Garibaldi o la pizza da Martini. Ora le file di ombrelloni non arrivano a dieci. Gli operai in vacanza non ci vanno più, o affittano il camper per una settimana.È quasi Ferragosto, e ho scritto il mio primo pezzo trombone sui bei tempi andati. La malinconia fa questi scherzi. Per fortuna Ferragosto passa in fretta.

martedì 19 agosto 2008

avgust u Trentinu






Izmedju zelenila planina i plavetnila jezera.